Franca Rame ... in memoriam ...

 

Franca Rame geboren 1929 in Parabiago (Mailand), gestorben am 29. Mai 2013 nach langer Krankheit, war eine italienische Theater-Schauspielerin, Ehefrau des Nobelpreisträgers für Literatur 1997 Dario Fo (Theater-Autor, Regisseur, Bühnenbildner, Komponist, Erzähler, Satiriker, Schauspieler), Mitglied des italienischen Senats für die Partei 'Italia dei Valori'. 

Franca Rame stammte aus einer der damals noch durchs Land ziehenden Familie von Volksschauspielern. Ihre Mutter war Lehrerin und strenge Katholikin.

Mit acht Jahren stand sie erstmals auf der Bühne. 1949, knapp 20 Jahre alt, verließ sie ihre Familie und wurde Revueschauspielerin bei den populärsten Theatergruppen. Ein Titelfoto machte sie über Nacht berühmt. 1951 lernten sich der Puklikumsliebling Franca Rame und Dario Fo bei der Arbeit im Theater kennen. Fo war von Beruf Architekt, hatte aber zu der Zeit auch schon zwei Jahre auf und für Theaterbühnen gearbeitet. Sie heirateten 1954, ein Jahr später kam ihr einziges Kind, Sohn Jacopo, zur Welt.

Franca Rame und Dario Fo gründeten 1959 ihre Compagnia Fo/Rame; sie waren das wohl bekannteste italienische Theatermacher-Duo. Ihre Theatermacherei sorgte regelmäßig für Aufsehen, denn ihre Arbeit war kaum konventionell zu nennen. Was sie auf die Bühne brachten, war überwiegend selbst geschrieben, oft in Improvisationsfolgen, im Spiel und durch Spiel entstanden. Politisch links orientiert, ließen sie in ihren Stücken diesem dezidierten Standpunkt immer Raum. Stücke wie Offene Zweierbeziehung, die weltweit aufgeführt wurden, entstanden in gemeinsamer Autorenschaft. Es gibt kein Stück von Fo, an dessen Text Franca Rame nicht maßgeblich mitgearbeitet hätte.

Sie schrieb aber auch eigene Stücke, die sich immer wieder auch Frauenthemen widmeten. Hart und sehr direkt erzählte und spielte sie diese Frauengeschichten, die zum Teil autobiografisch waren. Deswegen kamen sie sehr lange gar nicht auf die Bühnen, beispielsweise der Schluss des Ein-Personen-Stücks „Sex – aber mit Vergnügen!“ – wenn da Franca Rame einen Epilog anhängt über das Thema Vergewaltigung, schrieb und spielte sie auch aus eigenem negativem Erleben:

1973 wurde Franca Rame auf offener Straße in einen Lieferwagen gezerrt und von fünf Männern misshandelt und vergewaltigt. Sie schaffte es später, diesen schrecklichen Vorfall auf die Bühne zu bringen, ohne jedoch zu offenbaren, dass es sich um sie selbst handelte. Am Abend des 9. März 1973 war der Komandant der Carabinieri-Station Pastrengo euphorisch, als er erfuhr, dass Franca Rame vergewaltigt worden war. Palumbo schien 1981 im Register der Loggia P2 auf. 25 Jahre später wurden rechte Terroraktionen der 70er Jahre untersucht. Dabei erhärtete sich der Verdacht, dass dieses Verbrechen an Franca Rame von einer Mailänder Carabinieri-Einheit injitiiert und von fünf Neofaschisten  verübt worden war. Aufgrund der Verjährung entgingen die Täter einer Verurteilung. „Sex – aber mit Vergnügen!“, das Franca Rame unter der Regie von Dario Fo uraufgeführt und selbst viele Male mit großem Erfolg spielte, war für das prüde Italien auch noch in anderer Weise skandalträchtig: Franca Rame hat dieses Stück geschrieben, angeregt durch ein ziemlich offenes Aufklärungsbuch ihres Sohnes (Autor und Schauspieler). Dieses Buch („Zen oder die Kunst des Vögelns“) provozierte so viele Reaktionen, dass Franca Rame, immer wieder auf dieses Buch angesprochen, sich entschloss, ihre künstlerische Antwort auf die vielen, offenbar drängenden Fragen schauspielend landesweit auf den Bühnen zu geben.

 

Franca Rame konnte zusammen mit Dario Fo paradigmatisch dafür stehen, welche Probleme die Künstler bekommen (auch heute, auch in einem EU-Land), die sich mit den Mächtigen anlegen. Es gab praktisch kein aktuelles gesellschaftlich-politisches Thema, das Rame/Fo nicht in einem Stück verarbeitet hätten; das Spektrum reicht von Aids über Drogen, Golfkrieg, Finanzpraktiken in der Politik und Kriminalität bis hin zu Menschenraub, Machtmissbrauch und Parteienskandal.

Franca Rame war auch unmittelbar politisch aktiv. Sie engagierte sich seit 1969 in der Roten Hilfe, setzte sich für politische wie "normale" Gefangene ein, machte zahlreiche Einzelfälle publik, unterstützte Angehörige und mobilisierte Massenmedien und Politik gegen die unmenschlichen Lebensbedingungen in italienischen Gefängnissen, die noch heute bestehen. 

Dieses Engagement spielte auch immer wieder in die künstlerische Arbeit hinein, schlug sich in ihren Bühnenstücken nieder.

Mit Folgen: Nicht nur die brutale Gewalt einzelner, auch die Macht von Staat, Kirche und anderen Institutionen bekamen Rame/Fo nachhaltig zu spüren. Die meisten Stücke wurden als Komödien ausgewiesen und fanden demzufolge ein amüsierwilliges Publikum, aber: Für siebzig Theaterstücke gab es vierzig Prozesse. Es gab Morddrohungen und sie bekamen Polizeischutz, wurden aber auch immer wieder mit Polizeigewalt am Auftritt gehindert. Außerdem hatten sie 13 Jahre Auftrittsverbot im italienischen Fernsehen. Zuletzt war Franca Rame zusammen mit Mann und Sohn besonders aktiv im Kampf gegen das Medienmonopol Silvio Berlusconis – sie betrieben seit November 2004 den Fernsehkanal, „Atlantide TV“, einen der Piratensender, die in Italien auftauchten.

 

Ihr Abschiedsbrief an ihren Mann, kurz bevor sie starb:

 

Sono nata nel 1929.
Quando ero piccola, sette, otto anni, mi veniva in testa un pensiero che mi esaltava: morire.
Quando morirò?
Com’è quando si muore?
Come mi vestirò da morta?
Forse mamma mi metterà quel bel vestito che m’ha cucito lei di taffetà lilla pallido orlato da un bordino di pizzo d’oro.
“Sembri un angelo! Quanto è bella la mia bimba che compie gli anni!” mi diceva.
A volte mi stendevo sul lettone di mamma: vestito, calze, scarpe, velo bianco in testa, una corona del rosario tra le mani poste sul petto (tutta roba della Cresima), felice come una pasqua aspettavo che qualcuno mi venisse a cercare e si spaventasse…scoppiando in singhiozzi. “E’ mortaaa! Franchina è mortaaaaa?!” E tutti a corrermi intorno piangendo…arrivavano i vicini, il prete e tutti rosariavano in coro.
Arrivasse un cane di un cane. Nessuno spuntava.
Nell’attesa mi addormentavo.
Al risveglio ero incazzata nera.
“La prossima volta vi faccio vedere io!” bisbigliavo minacciosa.
Poi mi sgridavo: “Cattiva, sei cattiva!!! Dare un dolore così grande alla tua mamma. Vergognati! Con tutti il bene che ti vuole…”
“Ascoltami Franchina… – mi diceva mamma – ci sono delle regole nella vita che vanno rispettate, ogni giorno: non poltrire nel letto, la prima cosa che devi fare, come apri gli occhi è sorridere. Perché? Perché porta bene. La seconda correre in bagno, lavarti con l’acqua tiepida, orecchie comprese, velocemente, vestirti. Far colazione e via di corsa a scuola. Salutare con un sorriso le persone che conosci, se aggiungi al sorriso un ciao-ciao con la manina è ancora più gentile. Non dare confidenza ai maschi. Tenerli a rispettosa distanza. Non accettare dolci o regali da nessuno…specie se uomini. Non parlare mai con gli estranei. Mi raccomando bimba, non prendere freddo, d’inverno sempre la cuffietta di lana all’uncinetto con i pom-pom rosa che ti ha regalato la zia Ida…gli stivaletti rossi di Pia (mia sorella maggiore) che non le entrano più. Ti voglio bene-bene-bene.” Lo ripeteva tre volte con ardore perché mi si inculcasse bene nel cervello. “Fai attenzione a tutto…come attraversi la strada…guai se vai sotto a una macchina. Ti rompi tutta…ricordati che ci ho messo nove mesi a farti!”
Me ne andavo felice…Un po’ soprappensiero per quei nove mesi di lavoro per la mia mamma a farmi. E’ stata impegnata per un bel po’ di tempo…tutti quei mesi!
La vedevo intenta a mettere insieme i pezzi.
Ma dove li prendeva?
Forse c’eran dei negozi nascosti che li vendevano: “Vorrei due gambette con i piedini, due braccine con le manine, un corpicino, la testolina no…ho una bellissima bambola lenci di quando ero piccola…ci metto quella. “Chiederò a mamma, quando sarò più grande che mi spieghi come ha fatto a confezionarmi.
Ora siamo nel 2013. Da allora sono passati molti anni. Sono arrivata agli 84 il 18 luglio. Faremo una bella festa tutti insieme.
Quando Jacopo era piccolo, a Natale arrivavano regali da ogni parte…più i nostri.
Li posavamo tutti sul tavolone della sala da pranzo. Come il bimbo si svegliava lo si portava tenendolo in braccio davanti a tutto quello che aveva portato il Bambin Gesù. Ci si incantava a guardarlo.
Meraviglia, felicità, grida, risate. “Grazie Bambin Gesù…grazie!!!” gridava guardando verso il soffitto come fosse il cielo…poi seduto sul tappeto a scoprire e godersi i suoi giochi.
All’arrivo della torta con le candeline, non riuscivamo a convincerlo a soffiare per spegnerle.
“Lo devi fare! Soffia!!”
“Perché?”
“Perché cresci più in fretta! Soffia!”
Era un bimbo molto curioso e pensoso. Chiedeva sempre: e cosa vuol dire questo e perché no…Una volta sui 5 anni, stava appoggiato al davanzale del balcone su di una sedia con un filo in mano che agitava. “Che fai Jacopino?”
“Do da mangiare al vento…”
Ero un po’ preoccupata.
Mi diverto molto con le mie nipotine. Quando Mattea (la figlia di Jacopo) era piccola, sui sei anni e veniva a trovarci a Sala di Cesenatico a passare l’estate con noi, le preparavo una festa alla grande. Compravo al mercato di tutto…non che spendessi tanto. Nascondevo i regalini spargendoli nel giardino tra alberi e cespugli e via con il gioco del “freddo e caldo”: si girava di qua e di là…davo segnali dei nascondigli dicendo “fredddo… freddo… tiepidino caldino… caldo, caldissimo… oddio brucia!” Mattea infilava la manina nel cespuglio, trovava il pacchetto, si sedeva su prato e lo scartava mandando grida di gioia.
Una mia cara amica, Annamaria Annicelli aveva un grande negozio dove vendeva di tutto e mi regalò per Mattea un mare di Barbie con fidanzato Ken. Cartoncini con guardaroba completo: abiti per tutte le occasioni.
Come ogni estate per anni, arrivò la mia dolce bimba più bella che mai. Le sbatto un uovo con zucchero e cacao – la rusumàta si chiama a Milano – che le piace tanto. Se la mangia leccandosi i baffi.
“Vieni, andiamo a fare il gioco del caldo-freddo.”
Lancia un urlo di felicità.
Le avevo preparata una festa alla grande. E via che si parte: freddo… freddo… tiepidino… caldo… caldissimo! E dal cespuglio estrae una Barbie…poi un’altra…poi il fidanzato Ken, cartelle con abiti…ad un certo punto si lascia andare sull’erba sfinita: “E’ troppo nonna… è troppo!” Quando Jacopo, dopo tre mesi, veniva a prenderla era un momento triste per tutte e due. Ce ne stavamo abbracciate e silenziose in attesa della partenza. Saliva in macchina. La salutavo con la mano e mi scendevano le lacrime…pure lei piangeva. Cercavamo tutte e due di sorridere… ma si faceva fatica.
Una gran fatica.
Una volta, quando eravamo più giovani Dario ed io ci si faceva festa ai compleanni. Festa? Una festicciola…nulla di speciale. La torta, le candeline…dell’anno prima, qualche amica, amici…Ricordo invece un fantastico compleanno, il mio settantesimo a Sala di Cesenatico. Non mi aspettavo nulla di speciale. Invece…
Quella mattina mi svegliai un po’ tardi, Jacopo venne a prendermi in camera dicendomi che Dario aveva bisogno di me…Neanche la mattina del mio compleanno posso restare disoccupata…scendo le scale, esco in veranda, e lì mi trovo una folla con i musicisti che suonavano, clown e maschere e tanta gente, amici venuti da ogni parte, ci saranno state cento persone, tutti a cantare tanti auguri a te…Mi sono messa ad abbracciare tutti uno per uno…Erano veramente tanti, che a un certo punto mi sono dovuta sedere…Anche per l’emozione. Poi siamo andati a mangiare fuori, sul porto canale di Cesenatico, e anche lì c’erano parecchi amici che erano venuti a festeggiarmi. Ogni tanto mi stupisco di quanta gente mi voglia bene. È proprio una grande fortuna…
Una volta mi piaceva guardare il cielo di notte. Specie in inverno. Sottozero il blu è più intenso. Lestelle spiccano come brillanti.
Preziose.
Ieri notte niente. Ce ne erano poche ma una ha attirato la mia attenzione era una stella senza luce, piatta come fosse di plastica opaca.
“Vieni qui” le ho detto… hai dei problemi? Ti vedo giù….” In un attimo eccola sul mio letto, senza nemmeno rompere i vetri della finestra.
La guardo incredula… non so come comportarmi…
L’astro si rizza su una punta… prendendo colore lentamente.
Una luce iridescente illumina la mia stanza…ma non smargiassa di chi vuol strafare…appena appena per farsi notare.
“E’ così facile avere una stella vera in casa? Basta chiamarla?” penso. “E’ facile per forza… – mi risponde – sono te.”
“Sono una stella?” – dico senza meraviglia, anzi un po’seccata – mi stai prendendo per il sedere?” Avrei detto volentieri culo, ma non volevo darle confidenza.
“Dì pure culo cara, non mi scandalizzo…” e fa una risata a piena gola.
Una stella che dice culo e mi sghignazza dietro!
Ero scandalizzata! Non c’è più religione!
“Bigottona! Son qui per aiutarti… sono te, quindi la tua più grande amica. Sei giù di morale…hai pensieri fissi che ti fan dormire male. Perché vuoi ammazzarti?”
Mi manca il respiro. Un qualcosa mi sale lento dallo stomaco alla gola: un magone che mi soffoca.
“Lasciati andare… non trattenere le lacrime…ci sono io vicino a te…sono scesa apposta da lassù…tutta per te!”
Le lacrime non si fanno pregare, si rincorrono sulle mie guance una dopo l’altra. I singhiozziescono strazianti anche se in realtà non si sentono.
Allunga una punta, quella di sinistra e mi fa una carezza.
Ma dai…sto sognando…la stella sul letto in punta di stella che mi accarezza con la sinistra…una stella mancina…Mio dio…ha pure 5 punte!
Una stella delle Brigate Rosse!
“Non stai sognando…conosco la ragione della tua voglia di morire ma solo se ne parli, se svisceriamo il problema insieme, lo risolviamo. Parola di Stella!”
Respiro profondamente. Sto per dire qualcosa che mi costa.
“Sono tanto triste perché sono disoccupata. Ho perso il mio lavoro.”
“Come hai perso il tuo lavoro? Sei dalla mattina alla sera al computer…scrivi, scrivi, scrivi senza alzare nemmeno gli occhi.”
“Sì lo so, ma questo non è il mio lavoro. Sono nata il teatro, a 8 giorni ero già in scena…ho sempre recitato. Da 8 giorni a 81 anni… avevamo in scena “L’anomalo bicefalo” una satira su Berlusconi. Ci divertivamo un sacco! Ma eravamo nell’’83… quanti anni son passati?”
“Ti stai dimenticando di Mistero buffo,….L’avete fatto tanto…”
“Sì hai ragione…ma ora non si fa più nemmeno quello.
Poi uno spettacolo ogni morte di vescovo, che ne muoiono pochissimi.
Sono felice di aiutare Dario che è il MIO TUTTO, curare i suoi testi, prepararli per la stampa, ma mi manca qualcosa… quel qualcosa che non mi fa amare più la vita.
È per questo che voglio morire.
Ma non so come fare.
Immersa nella vasca da bagno e tagliarmi le vene?
Poi penso allo spavento di chi mi trova in tutto quel rosso.
Buttarmi dalla finestra, ma sotto ci sono gli alberi e finisce che mi rompo tutta senza morire: ingessata dalla testa ai piedi.
Avvelenarmi con sonniferi…ci ho già provato una volta…tre, quattro pastiglie e acqua… avanti così per un po’ e mi sono addormentata con la testa sul tavolo…
Insomma, morire è difficilissimo!
A parte che mi ferma anche il dolore che darei a Dario a Jacopo alla mia famiglia, Nora, Mattea, Jaele (la più bella della famiglia) e tutto il parentado…alle amiche, amici.
Penso anche al mio funerale e qui, sorrido. Donne, tante donne, tutte quelle che ho aiutato, che mi sono state vicino, amiche e anche nemiche…vestite di rosso che cantano “bella ciao”.
Che tristezza essere disoccupata. “Hai messo in scena molti spettacoli che hanno avuto gran successo ed eri sola – prosegue la Stella…Tutta casa letto e chiesa, Parliamo di Donne, Sesso? Grazie tanto per gradire, Legami pure che tanto spacco tutto lo stesso, Il funerale del padrone, Il pupazzo giapponese, Michele ‘Lu Lanzone e altri ancora che non mi ricordo… dovrei andare su internet ma non ne ho voglia.
Perché non ne rimetti uno in scena?”
Ma…sono abituata con Dario…
L’ho conosciuto in palcoscenico nel ’51… abbiam fatto tourné, avuto successo… anche troppo. Dopo anni di fermo abbiam debuttato per due soli spettacoli in settembre del 2012 con “Picasso desnudo”.
E adesssssso? Ci metto sei S per sottolinearti bene il concetto. Adesso nulla! Nessun programma futuro. Deglutisco per mandar giù il magone
Dovresti aiutarmi tu Stella, dammi la forza… la voglia.
“Che piagnona! – mi urla, mi hai proprio rotto i…No, non lo posso dire perché lassù si incaz…Mamma mia solo parolacce mi vengono…è perché sono scesa in terra…qui ci si sporca!
Potresti mettere in scena un testo da recitarti tutto da sola…hai un mare di materiale a disposizione. Li conosco tutti i tuoi monologhi mai rappresentati.”
“Ma smettila, conosci i miei monologhi….”
“Certo, sono te!”
“Ah sì…Hai ragione…Sì, potrei farlo…ma poi penso a Dario la sera sperduto davanti alla tv…che se ne va a letto senza chiudere né tapparelle, né porta. Lo sento che si gira e rigira tra le lenzuola pensandomi…preoccupandosi e…quindi sto qui, accanto a lui. Lo amo tantissimo…ma sono proprio triste… infelice…ciao me ne vado…”
“Ma dove vai? Ti vuoi nascondere a piangere? Piangi qui piccola…tra le mie braccia…”All’improvviso si ingrandisce a vista d’occhio si trasforma in una coperta di lana morbida lucente e mi avvolge tutta. Un brivido di piacere attraversa il mio corpo…mi sento via via rilassata e sulla bocca mi spunta un sorriso…il più dolce della mia vita
Caro Dario tutto quanto ho scritto è per dirti che se non torno in teatro muoio di malinconia. Un bacio grande…

 

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